L’HR manager per ridurre l’ansia sul lavoro

Tra i compiti degli HR manager non c’è solo quello di gestire le risorse umane dal punto di vista meramente “lavorativo”.

Oggi, i responsabili HR devono soprattutto costruire un ambiente sano e sereno che metta al primo posto il benessere dei dipendenti e che riduca il triste fenomeno dell’ansia sul lavoro.

Ansia sul lavoro, un problema sempre più diffuso

Fai il lavoro che ti piace e non lavorerai neppure un giorno nella tua vita”. Quante volte abbiamo sentito questa popolare citazione attribuita a Confucio?

Sottintesa a questa frase c’è la convinzione che fare un lavoro che ci rende felici è la chiave per una vita piena di soddisfazione. Eppure, questa promessa di felicità sul lavoro è molto lontana dalla realtà che i lavoratori sperimentano nella loro quotidianità.

Soprattutto negli ultimi anni, si sono accesi i riflettori sullo stress e l’ansia correlati al lavoro: la qualità del lavoro sembra essersi abbassata, i ritmi sono diventati sempre più estenuanti, e bilanciare lavoro e vita privata risulta difficile a molti lavoratori. Tutti questi aspetti hanno contribuito ad aumentare l’ansia, fino ad arrivare alla cosiddetta “sindrome da burnout”, una condizione molto simile all’esaurimento nervoso, causata proprio dalla prostrazione e la fatica di adattarsi a un contesto di lavoro che sfinisce, “svuota” e prosciuga le forze.

Come riporta l’Osservatorio annuale sul benessere psicologico nelle aziende italiane di BVA Doxa, ben il 76% dei lavoratori in Italia ha sperimentato almeno un sintomo di burnout, con una percentuale in crescita del +14% rispetto all’anno scorso.

Più della metà degli intervistati del report afferma di aver lasciato il lavoro per motivi di malessere emotivo correlato al lavoro: una situazione che ha visto il suo apice nel periodo pandemico, dando il là all’ormai tristemente nota Great Resignation.

Non tutto, però, è perduto. Nonostante i dati poco rincuoranti, le aziende possono ancora impegnarsi nel rendere il posto di lavoro un luogo di felicità e benessere. E i responsabili di tutto questo sono gli HR manager.

Come l’HR manager può aiutare a ridurre l’ansia sul lavoro

Rendere il luogo di lavoro un ambiente stimolante e attento al benessere dei lavoratori è il primo step per allentare le pressioni, aumentare la soddisfazione e ridurre gli stati d’ansia.

La persona preposta a tutto questo è l’HR manager, che mai come oggi deve avere ben chiara l’importanza di aiutare i lavoratori a lavorare bene, sia dal punto di vista organizzativo che emotivo.

Ci sono tanti modi in cui può farlo. Vediamo quali.

Tenere alta la motivazione con premi e formazione

Il primo modo per allentare l’ansia sul lavoro è costruire un ambiente motivante che valorizzi le competenze e la voglia di sviluppo e crescita in azienda. Questo può essere fatto in due modi diversi:

  • Lavorare per obiettivi e conferire premi di produzione per il raggiungimento dei risultati stabiliti, avendo però l’accortezza di rendere questa attività stimolante e non opprimente: detto in altro modo, il raggiungimento del premio non deve diventare motivo di ansia per il lavoratore, ma di stimolo, impegno e soddisfazione finale;
  • Avviare un piano formativo per accrescere ulteriormente le competenze dei lavoratori: avere cura della crescita personale e professionale dei dipendenti di un’azienda è un ottimo modo per stimolare la forza lavoro e farla sentire una parte integrante del percorso di sviluppo dell’impresa a cui appartengono.

Promuovere la comunicazione e la cultura del feedback

Spesso viene sottovalutata l’importanza del feedback a livello aziendale, che resta invece una potente arma non tanto per la valutazione del personale, ma proprio per la comunicazione intra aziendale.

Feedback significa infatti fermarsi tutti insieme per valutare progetti o processi di lavoro nel loro insieme, analizzando il contributo che ciascuno dà o ha dato. Feedback significa dare risposte e valutazioni sia in positivo sia in negativo: l’importante è farlo in un clima di serenità e di scambio comunicativo il più possibile “alla pari”.

I meccanismi di feedback devono infatti valere da entrambi i lati: non sono solo i “superiori” a dover valutare i dipendenti, ma anche i dipendenti devono poter essere liberi di esprimere il proprio parere su cosa va o non va a livello aziendale.

La libertà di comunicare è cruciale per sradicare sul nascere quelle sensazioni di impotenza e di blocco emotivo che con il tempo conducono al burnout.

Organizzare il lavoro in modo diverso

Più un lavoro è ripetitivo, ridondante, più i lavoratori iniziano a sentirsi delle macchine più che essere pensanti. Questo alla lunga logora la forza lavora, che si sente bloccata in una posizione di lavoro che non permette di esprimere la propria potenzialità.

Ecco perché l’HR manager dovrebbe chiedersi se l’organizzazione del lavoro valorizza davvero i lavoratori o, piuttosto, li “spegne” e li demotiva.

Domande come “C’è della capacità inutilizzata in azienda?”, “Ci sono mansioni che possono organizzate in modo diverso?”, “Il carico di lavoro è distribuito equamente?” sono fondamentali per il responsabile HR. Così facendo, potrebbe scoprire che forse alcuni processi di lavoro reiterati possono essere svolti in modo automatizzato grazie alla tecnologia, permettendo ai lavoratori di dedicarsi ad altre attività più soddisfacenti.

La stessa tecnologia può aiutare l’HR manager a fare tutte queste analisi sull’operato aziendale: un esempio (e un aiuto) viene proprio dai sistemi gestionali come evohrp, che registrando e tenendo traccia delle attività dei lavoratori possono supportare l’HR manager nell’individuare le aree su cui intervenire per migliorare il processo di lavoro e renderlo sempre più “umano” e meno meccanico.

I benefici ricadranno anche sull’azienda, perché revisionare i processi di lavoro potrebbe portare a scoprire nuove modalità di organizzazione dell’impresa più efficienti. E sempre più a misura di dipendente!

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